Di fronte a voci sempre più insistenti, Davide Tardozzi ha finalmente rotto il silenzio. Il team principal della Ducati ha smentito categoricamente che Francesco Bagnaia abbia utilizzato una GP24 completa durante il suo trionfo a Motegi, confermando indirettamente l'impiego di componenti ibride sulla moto del campione italiano.
Dopo una comunicazione di squadra VR46 che ha interpretato il ruolo della mosca nell'unguento in questa vicenda, consapevolmente o inconsapevolmente, il giornalista Mat Oxley ha messo i bastoni tra le ruote affermando a proposito di X: " ora circolano voci nel paddock che Bagnaia avrebbe corso con una GP24 a Motegi. » La sua analisi era inequivocabile: “ Il silenzio della Ducati non la aiuta in questa vicenda. "
Interrogato direttamente su Cielo di Zam, Tardozzi ha opposto un'obiezione motivata: “ Se avessimo corso con il motore GP24, avremmo infranto il regolamento, cosa che la Ducati non fa. Il motore che era in Giappone è quindi un GP25.. "
La sua argomentazione principale si basa sull'approvazione: “ I motori GP24 e GP25 hanno due omologazioni diverse. Non possiamo permetterci di utilizzare il motore GP24.. "

Davide Tardozzi: “ Se avessimo corso con il motore GP24 avremmo infranto il regolamento, cosa che la Ducati non fa. »
Si Tardozzi nega l'utilizzo del motore GP24, il suo silenzio sugli altri componenti è eloquente. Insistendo solo sul motore, il manager Ducati suggerisce che sia stato effettivamente utilizzato il telaio GP24, che fosse presente la forcella 2024 e che sulla moto sia stato montato il forcellone dell'anno scorso.
Negando il punto più sensibile (il motore) e ignorando gli altri elementi, Tardozzi adotta una posizione intelligente. Evita il rischio di squalifica tecnica e conferma indirettamente l'approccio ibrido.
Nonostante queste smentite, la caduta vertiginosa di Bagnaia Mandalika continua a sollevare interrogativi. Se la bici era legale ed efficiente in Giappone, perché questo crollo una settimana dopo?
Tardozzi ha detto l'essenziale senza dire tutto. Bagnaia probabilmente non ha corso con una GP24 completa, bensì con una configurazione ibrida massima sfruttando tutti i margini regolamentari della MotoGPUn'ammissione poco convinta che spiega sia la resurrezione giapponese che la disfatta indonesiana, pur mantenendo Ducati nella zona grigia che ne determina il successo.
































